Arte

 Donne di Arte
Il Rinascimento italiano ci ha donato un patrimonio artistico e culturale ricchissimo. Sono di questa epoca infatti, edifici, sculture e dipinti che ancora oggi sono simbolo del nostro Paese all’estero.
L’Italia stessa è arte. In qualunque città noi ci rechiamo, troveremo sempre monumenti spettacolari ed affascinanti da immortalare e di cui continueremo a parlare per anni, dopo la nostra visita.
Dunque non è un caso se all’estero molte volte si tenta di prendere in prestito questa bellezza per mostrarla anche a chi non ha la capacità di viaggiare.

Una fonte indubbia di ispirazione

Negli anni di opere giapponesi di fumetto e animazione di ambientazione o semplice ispirazione italiana ne sono stati creati davvero tante, al punto che nemmeno il grande maestro Hayazo Miyazaki ha potuto trattenersi dal far comparire elementi del nostro Paese in opere come Porco Rosso o Si Alza il Vento.
Fra i più recenti merita certamente una menzione One Piece. La bizzarra struttura di Water Seven, una città su canali in cui tutti si spostano tramite imbarcazioni, non più che ricordarci Venezia. Oppure, l’immensa struttura dove avviene un torneo di lotta nell’arco di Dressrosa guarda caso si chiama proprio Colosseum e del Colosseo ha l’aspetto in tutto e per tutto.
O ancora, il quinto arco narrativo de Le Bizzarre Avventure di JoJo è ambientato di fatto in Italia. Italiano è anche Dino, proprietario del caffè Stile, ambientazione principale del manga Blend S.
E si potrebbe andare avanti così per giorni.

Quasi tutti gli esempi che ho citato però, sono relativi ad elementi di derivazione italiana che vengono inseriti all’interno dell’opera e mescolati a tutto il resto, un fatto in cui è facilissimo imbattersi in alcuni manga, soprattutto quelli più vicini al genere fantasy, ambientati in un mondo che non esiste. Per far capire meglio al lettore o spettatore che gli eventi narrati fanno parte di un universo completamente immaginario, che non ha alcun legame col mondo reale, spesso e volentieri vengono utilizzati proprio aspetti della cultura occidentale, soprattutto europea e in certi casi italiana.

Non è questo però il caso di Arte, manga realizzato da Kei Okubo che in quanto a influenze italiane si colloca su un piano completamente differente.
Se stessimo parlando di un romanzo, probabilmente lo classificheremmo come storico, perché di fatto non racconta una storia di un mondo ipotetico di finzione, ma è ambientato in un luogo e in un periodo ben precisi, ovvero l’Italia (nello specifico Firenze) del Rinascimento.

Una giovane intraprendente

La nostra protagonista è una giovane fanciulla di nome Arte. Ok, fa un po’ ridere, ma voi dovete pensare che questa parola per un giapponese suona in maniera piuttosto unica.
La ragazza è figlia di una famiglia nobile fiorentina e ha una grandissima passione per il disegno, ma si ritrova continuamente in conflitto coi propri genitori, i quali non tollerano questo suo interesse per qualcosa di così poco aristocratico e sicuramente (per l’epoca) poco femminile.
La giovane però non ha la benché minima intenzione di rinunciare al suo sogno di diventare una grande pittrice e così fugge di casa, andando a cercare ospitalità fra i mastri artisti della zona.
Ci troviamo infatti in quel periodo storico in cui esistevano le cosiddette Arti e Corporazioni, istituzioni nate durante il Medioevo per radunare artigiani che praticassero la medesima professione. Le Corporazioni a loro volta erano suddivise in nuclei più piccoli, costituiti dalle botteghe e gli studi dei vari artigiani. Ogni bottega era presieduta dal suo maestro, sotto al quale lavoravano diversi allievi, che lasciavano la loro dimora paterna per apprendere il mestiere che un giorno avrebbero praticato anche loro.
Lavori di questo genere però erano generalmente riservati unicamente a giovani uomini maschi, dunque non c’è da stupirsi se all’inizio nessuno vuole prendere Arte come sua allieva. Non esiste che una donna voglia fare la pittrice, figuriamoci anche solo imparare a disegnare.
La nostra protagonista però è tenace e dopo l’ennesimo rifiuto sempre accompagnato dalla medesima motivazione, compie un vero atto di ribellione, estraendo un pugnale col quale si taglia di netto i lunghi capelli biondi e la cui lama rivolge poi verso il proprio seno, come se volesse cancellare in senso fisico ciò che la rende inadatta ad adempiere a quel ruolo.
Fortunatamente il gesto estremo viene evitato dall’intervento di un uomo, un certo Leo, artista a sua volta che rimane sinceramente folgorato dalla sua determinazione. L’uomo, per quanto in gamba, non ha mai avuto allievi presso la sua bottega, essendo un tipo solitario e dal temperamento burbero, difficile da accontentare, ma quando vede alcuni dei disegni di Arte e avverte di nuovo quell’energia sprigionarsi in lei, decide di fare un’eccezione e prenderla con sé.
Inizia così per la giovane un lungo cammino per diventare una vera artista, cammino che non sarà esente da ostacoli. Leo infatti non ha la benché minima intenzione di favorire Arte solamente perché è una donna. Se vuole essere davvero sua allieva, deve accettare di venire trattata come tale.

Una lotta per la parità sempre attuale

Il sotto-testo di questo manga contiene una tematica estremamente particolare e sempre attualissima. Nonostante negli anni l’emancipazione femminile abbia fatto molti passi rispetto all’epoca in cui sono narrati i fatti, ancora oggi esistono ambienti e contesti in cui il ruolo della donna non è ancora riconosciuto. Troppe e svariate sono ancora le professioni a maggioranza maschile.
Le ragioni di questo fatto sono complesse e andrebbero analizzate tenendo conto di diversi elementi, ma ciò che conta è il messaggio che l’opera vuole trasmettere a chi la legge.
E qui veniamo a una parte importante. Notiamo quasi subito che nonostante Arte incontri delle difficoltà nel suo percorso, grazie alla sua determinazione riesce a guadagnarsi il rispetto degli uomini più scettici, il che da un lato è un bene, ma dall’altro potrebbe lasciarci un po’ perplessi. Nella realtà le cose erano ben diverse, la sola forza d’animo non sarebbe mai bastata.
Ma stiamo pur sempre parlando di un’opera di finzione il cui obbiettivo non è denunciare la condizione di vita delle donne nel Medioevo. O meglio, non proprio. L’obbiettivo primario è quasi certamente più semplice, ovvero creare un personaggio in cui una donna (quasi certamente molto giovane, se immaginiamo che quest’opera sia rivolta a degli adolescenti) possa identificarsi e provare empatia. Il che è ben diverso. Per quanto Arte racconti delle cose veritiere, non assume mai dei toni troppo forti, da denuncia, ma si limita semplicemente a raccontare la storia di una giovane fanciulla che insegue il suo sogno.

Ma allora è tutto inventato?

La realtà invece era ben diversa e a testimoniarcelo potrebbe esserci la biografia di un’artista medievale veramente esistita e che, proprio come la nostra Arte, viveva in Italia.
Stiamo parlando di Artemisia Gentileschi, un nome che purtroppo in molti casi dirà qualcosa solamente agli appassionati o studiosi di arte, giacché il suo nome finisce per perdersi in mezzo all’esercito di pittori e scultori rinascimentali, tutti rigorosamente uomini. Eppure, se provaste a cercare i suoi quadri, noterete che non ha nulla da invidiare a suoi colleghi e rivali.
Artemisia era figlia di un pittore romano, un certo Orazio Gentileschi. La bambina, sin da piccola, passava diverso tempo nella bottega del padre e, come fanno tutti i bambini, lo imita, divertendosi a dipingere. Il suo però non era un semplice gioco, ma la chiara manifestazione di un talento innato, tanto che il padre, ammirato dalla sua bravura, decide di mandarla a studiare presso la bottega di un suo amico.
Purtroppo, quello che avrebbe potuto essere l’inizio di una carriera favolosa, si trasforma per Artemisia in un periodo di profondo dolore in cui ripetutamente le verrà ricordato che è solo una donna, che non può davvero pensare di fare la pittrice. E a fare male non erano solo le vessazioni, quanto più le azioni fisiche.
Quanto possa essere stato difficile per lei, lo possiamo solo immaginare a stento. Ciò di cui siamo certi però, è che il suo desiderio di affermarsi come artista era così forte e ben radicato dentro di lei, che ha impedito ad ogni cosa di fermarla, per quanto potesse essere dolorosa. Non per nulla, ha avuto l’onore di diventare di fatto la prima donna in assoluto a studiare presso l’Accademia del Disegno di Firenze.
Una delle sue opere più famose è senza dubbio Giuditta che decapita Oloferne. Da questo quadro così impressionante sembra trasparire tutta la sofferenza ma soprattutto la rabbia repressa dell’artista, al punto che quasi Giuditta e Artemisia diventano una cosa sola. Il soggetto è l’artista e l’artista è il soggetto. Ma è proprio questo a rendere l’opera così efficace e d’impatto per chi la osserva.
Nonostante ciò, è però bene prestare attenzione anche all’accuratezza della sua realizzazione, al tratto, le pennellate, i chiaroscuri. Osservatela, affiancatela ad un altro quadro dello stesso periodo, un Raffaello ad esempio. Guardateli entrambi, prima uno e poi l’altro e domandatevi, fingendo di non conoscere la risposta: a colpo d’occhio, quale vi sembra dipinto da una donna? E quale da un uomo?

Il desiderio di Arte, come quello di Artemisia Gentileschi e altre pittrici (perché ce ne sono state, benché per qualche misteriosa ragione la memoria collettiva non le ricorda) era proprio questo, quello di poter essere trattate da artiste per la loro abilità e non considerare il proprio genere (ma anche le origini) un ostacolo al compimento del loro sogno.
Quando si parla di arte, dovrebbe essere solo quella a venire giudicata. Il quadro, non il pittore, la scultura, non lo sculture, il romanzo, non l’autore, la canzone, non il musicista. E così via. Il resto (è proprio il caso di dirlo) sono solo sfumature.

Italia bella Italia

Se cercate ancora una motivazione valida per cominciare Arte, ve ne fornisco una nell’immediato.
Come detto, si tratta di un’opera ambientata nella Firenze del Rinascimento, pertanto non mancherete di riconoscere scorci della città nelle illustrazioni che fanno da sfondo alla vicenda. Il vostro occhio si soffermerà ad osservare la sempre celebre cupola del Brunelleschi, facendovi meravigliare di quanto sia accurata, tanto da parere un vero e proprio dipinto realistico dentro l’anime. Non solo, quando la narrazione si sposterà per un certo periodo di tempo a Venezia, potrete ammirare un’altrettanta accurata riproduzione di Piazza San Marco, con la sontuosa basilica con le sue enormi cupole e l’altissimo campanile, vedrete le gondole, i canali e le calle. Insomma, sarete pervasi da un senso di familiarità senza pari. Beh, forse l’unica cosa che potrebbe sembrarvi buffa, è il fatto che tutti questi personaggi alla fine parlano in giapponese…a meno che non scegliate di guardare l’anime nella versione doppiata e allora, ecco che avverrà la vera magia. Solo, magari non lasciatevi impressionare troppo dalla quantità smodata di personaggi dai capelli biondi e gli occhi chiari. Per quanto possa risultarvi esagerato, si tratta di un piccolo stereotipo creato dai giapponesi, che tendono a raffigurare i personaggi di origine italiana o comunque europea con le medesime caratteristiche fisiche, un po’ come a voler sottolineare in maniera chiara la differenza rispetto alla loro popolazione caratterizzata da capelli e occhi scuri.
In tale proposito, ci sarebbe anche una seconda opera ambientata nel nostro Bel Paese di cui varrebbe la pena parlare e in cui questo aspetto “grafico” viene enfatizzato ancora maggiormente, ma direi che lo faremo nel prossimo articolo 😉

 

Arteultima modifica: 2023-02-24T18:23:26+01:00da gem-y
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