Hell Girl

 

 
Il ciclo perpetuo della vendetta
E’ mezzanotte in punto. Siete seduti davanti al vostro computer acceso e tramite il vostro browser cercate un particolare sito chiamato Hell Corrispondence. Il sito è estremamente singolare, dotato di un’unica pagina totalmente nera con al centro una casella in cui è possibile scrivere il nome della persona che volete maledire. Premete invio e tutto comincia.

Questa è la storia di base che fa da filo conduttore alla serie animata Hell Girl (in giapponese Jigoku Shoujo) la cui protagonista è una creatura infernale che ha il compito di vendicarsi delle persone per conto di chi domanda i suoi servigi.
La maledizione però ha delle condizioni precise. Ai Enma consegna a chi l’ha evocata una bambola di paglia al cui collo è legato un nastro rosso. La vendetta comincia nel momento esatto in cui il nastro viene sciolto, ma farlo ha un suo prezzo: chiunque decida di vendicarsi di qualcuno e fare in modo che Ai lo spedisca all’inferno, a sua volta verrà marchiato da un segno che impedirà a suddetta persona di andare in paradiso al momento della sua morte. Secondo le credenze giapponesi infatti una maledizione scava due fosse, pertanto non è possibile desiderare di mandare qualcuno all’inferno senza pagare alcun prezzo.

La vendetta: un ciclo perpetuo
Per tutti i primi episodi della prima stagione assistiamo a una serie di mini-avventure auto-conclusive in cui diverse persone si collegano al sito della Corrispondenza Infernale per evocare Ai e domandarle di mandare qualcuno all’inferno. Si tratta sempre di circostanze complicate, spesso spiacevoli, di umani intrappolati in situazioni difficili, schiacciati da altri uomini che li tiranneggiano. Per loro, la possibilità di spedire chi li opprime all’inferno è l’unico modo di salvarsi, poco importa se poi, dopo la loro morte, faranno lo stesso.
Tutto sembra piuttosto lineare, il ciclo di vendette e maledizioni pare essere perpetuo e sulle prime non ci poniamo nemmeno troppe domande su quello che vediamo. Chissà, forse sotto sotto pure noi, se ci interroghiamo bene, avremmo qualcuno che vorremmo spedire all’inferno per il male che ci ha fatto.
Ma questo non è corretto. E a ricordarcelo è la comparsa di un nuovo personaggio, un fotografo, nonché padre single di nome Hajime Shibata, il quale comincerà ad indagare sul conto di alcune misteriose sparizioni, complice anche il fatto che, a quanto pare, sua figlia Tsugumi sembri dotata di una forte spiritualità che le permette di avvertire quando Ai Enma si manifesta.
Shibata cerca di andare in fondo alla questione e quando scopre il meccanismo della Corrispondenza Infermale, cerca di fermarlo, impedendo alle persone di farsi del male a vicenda. Per quanto infatti riconosca che tutti coloro che chiedono l’intervento di Ai siano persone che soffrono, ritiene che non sia giusto servirsi di tale mezzi per ottenere giustizia. Dal male può solo generarsi altro male e il fatto che anche le persone che evocano Ai siano costrette ad andare all’inferno a loro volta, ne è una chiara conferma.
Eppure i suoi intenti per quanto giusti, si rivelano completamente inutili. Non esiste un modo, a quanto sembra, di impedire agli esseri umani di farsi del male a vicenda, né di dissuaderli dal cercare vendetta.

“L’inferno è vuoto. E i demoni sono tutti qui”
Ciel Phantomhive, protagonista del famoso manga Black Butler di Yana Toboso, dichiara che in realtà sono gli esseri umani stessi a crearsi i loro stessi demoni e a vivere nel loro personale inferno.
Pare che l’uomo infatti, in quanto tale, è incline al male e all’auto-distruzione, il che lo rende perfettamente abile a crearsi un inferno in cui vivere, senza il bisogno di interventi sovrannaturali.
I fatti di Hell Girl sembrano volere sostenere questa tesi. Per tutti gli episodi assistiamo a una serie di eventi in cui uomini fanno del male ad altri uomini senza minimamente pensare alle conseguenze, ma solo per un proprio soddisfacimento personale. L’essere umano in quest’opera è dipinto come la creatura più abominevole e grottesca, animalesca, feroce e spietata. La moralità non esiste, i sensi di colpa nemmeno. Nell’immenso tedio della vita, non c’è spazio per i sensi di colpa, ma solo il desiderio di schiacciare per non essere schiacciati.
Se per un attimo ci soffermassimo su questo concetto, se ci mettessimo tutti quanti una mano sulla coscienza, ci renderemmo conto di quanto questa realtà, per quanto crudele e spietata al punto da farci venire voglia di distogliere lo sguardo, sia quanto mai veritiera.
Quante volte ci è capitato di ritrovarci in situazioni simili? Quante volte durante un litigio con una persona, abbiamo lottato strenuamente per far valere il nostro punto di vista, senza accettare minimamente quello dell’altro? Quante volte crediamo di essere totalmente nel giusto e non ci viene mai nemmeno il dubbio del contrario? E’ sempre: “Ho ragione io” ma mai: “Forse sto sbagliando”.
Quando litighiamo, quando ci arrabbiamo con qualcuno, non siamo mai capaci di vedere ciò che l’altro vuole mostrarci, anzi, molto spesso ci dà fastidio.
Dunque cosa dovremmo fare? Non litigare mai? No, chiaramente no. La rabbia è un sentimento tipicamente umano, così come lo sono l’orgoglio, l’arroganza e la presunzione. I sentimenti negativi non vanno condannati solo perché tali, perché dopotutto anch’essi fanno parte di noi.  E’ per il dopo che dovremmo imparare a lavorare.
Quante volte non abbiamo più visto né sentito una persona dopo un litigio perché anche a conflitto “esaurito” non siamo stati in grado di superare l’orgoglio e chiedere scusa? Come ho detto, l’orgoglio è umano e nei momenti di tensione è perfettamente normale che emerga. Ma se non lo si impara a gestire bene, può diventare problematico.
E poi c’è quella sensazione, il sentimento più profondo e più difficile da sradicare, quello che ci impedisce di fare pace, di scendere a compromessi. Addirittura molte volte, riaccende vecchi diverbi dimenticati, tanto che non ci ricordiamo nemmeno più del perché quella persona non ci piace.
E’ il rancore.
E’ anche esso un sentimento umano, ma che se lasciato libero di agire senza controllo, diventa pericoloso. E’ il residuo di un conflitto mai superato, una patina di sporcizia che si deposita sul nostro animo e ci impedisce di vedere in maniera lucida. E’ quella forza che ci fa scattare i nervi ogni volta che ci imbattiamo in una persona poco gradita, che magari ci ha fatto del male in passato, ma noi non siamo mai stati in grado di affrontare quel dolore, di smaltirlo e andare oltre e così ogni volta, le fiamme sotto la cenere si riaccendono.
Il rancore è più duraturo della rabbia, non si esaurisce in poco tempo, brucia più a lungo, a volte per sempre, se non viene affrontato.
Ed è quello stesso rancore molte volte a spingerci a compiere azioni apparentemente scellerate. A convincere le persone ad accettare le condizioni di Ai, molte volte non è la rabbia o il dolore del momento, non è il desiderio di vendetta, ma qualcosa di più profondo. E’ l’insieme di tutto il male depositato dentro di noi, uno strato dopo l’altro, un evento spiacevole dopo l’altro, che arrivato alla sua culminazione, esplode tutto in una sola volta.
Ma perché non siamo in grado di gestirlo? E’ probabilmente anche la domanda che si pone lo stesso Shibata. Perché anziché cercare una via alternativa, lasciamo che il rancore vinca?
Ad aiutarci a capire questo processo, c’è la seconda parte di questa storia.
Quel che è deciso, è deciso
Nella seconda stagione conosciamo un nuovo personaggio, si tratta di un bambino di nome Takuma Kurebayashi. Vive con la sua famiglia in una situazione complicata e nel villaggio dove abita, si è diffusa la voce che lui sia un Bambino Infernale, cioè, gli si è attribuita la colpa di alcune misteriose sparizioni avvenute usando la Corrispondenza Infernale.
Come ci mostrano i fatti, Takuma è innocente, eppure non riesce a dimostrarlo in alcun modo. Gli altri abitanti ormai hanno deciso che sarà lui il loro capro espiratorio e non c’è modo di cambiare questo fatto, perché a nessuno importa di lui. Piuttosto che ammettere i loro sbagli, gli adulti preferiscono scaricare la colpa su un bambino e mantenere intatta la loro immagine di persone per bene. Poco importa cosa ne sarà di lui, purché loro non ci vadano di mezzo.
Questa immagine è davvero molto forte e colpisce nel segno, perché situazioni del genere sono all’ordine del giorno.
Nella nostra realtà abbiamo costantemente bisogno di trovare qualcuno come Takuma da incolpare deliberatamente per tutto ciò che a noi non va a genio. A volte si arriva persino a scavare nel passato di questa persona per cercare qualche errore che ha commesso anni fa, solamente per poter avere una prova da esibire e che dimostri davvero quanto “il capro” sia colpevole. Poco importa se si tratta di eventi passati, esauriti e che non hanno più effetti nel presente, ciò che conta è che ci sono stati e questo dimostra che la persona scelta merita di essere ritenuta tale. E se non ci sono? Facile, si inventano.
Ma perché nessuno riesce a salvare il capro espiatorio? Perché non si riesce a dimostrare la sua innocenza?
Perché purtroppo questa è la forza del gruppo. E’ un po’ come un processo con una giuria. Se ad una buona percentuale di persone il soggetto risulta colpevole, allora è colpevole, poco importa quale sia la verità. E anche il pubblico esterno si convincerà della veridicità del fatto. “Se in tanti dicono questo, sarà senz’ altro vero”  pensano.
In una società come la nostra in cui l’opinione del gruppo conta più di quella del singolo, in cui tutti si conformano alle abitudini correnti per non sentirsi esclusi, se una persona viene condannata, è perduta per sempre e non c’è modo di salvarla. E la storia di Takuma ce lo dimostra molto bene.

Hell Girl è un anime molto forte. Mostra una crudeltà che molte volte ci pare insensata, ma non è che il riflesso di ciò che siamo realmente tutti quanti, un manipolo di gentaglia che pur di averla vinta, pur di salvare le proprie apparenze, sarebbe disposta a fare patti con un demone. Che non ammetterà mai di essere in errore, ma accuserà sempre l’altro. Perché è la via più comoda e veloce.
Il freddo realismo di quest’opera ci ricorda che al mondo le persone come Hajime Shibata sono troppo poche e da sole non saranno mai in grado di sovvertire questo processo di auto-distruzione. Finché l’umanità esisterà, esisteranno l’odio e il rancore, dunque ci sarà sempre una Ragazza Infernale.

 

 

Hell Girlultima modifica: 2023-04-11T11:00:30+02:00da gem-y
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