Barbie

Un’icona di contrasti

Nel luglio del 2023 è uscito nelle sale di tutto il mondo il film dedicato a Barbie, uno dei prodotti più famosi della Mattel, azienda famosa per la messa in commercio di vari tipi di giocattoli, fra cui appunto la bambola più popolare di sempre.
I fan dell’Universo Rosa o gli amanti della cultura pop sicuramente sapranno che in realtà non si tratta di una vera e propria novità. A partire dai primi Duemila infatti Barbie era già stata protagonista di numerose pellicole che la vedevano nei panni dapprima di personaggi di fiabe classiche come Lo Schiaccianoci o Raperonzolo e poi di storie originali appositamente realizzate per promuovere un nuovo modello di bambola.
Il film che però questa volta Mattel commissiona alla casa produttrice Warner Bros. si rivela sin dalle prime pubblicizzazioni qualcosa di unico e assolutamente nuovo, dato che non si tratta di un’opera di animazione com’è stato fino a prima, ma di un film i cui personaggi sono stati interpretati da attori in carne ed ossa impiegati per replicare l’universo di Barbie alla perfezione, riproducendolo in maniera assolutamente fedele in ogni dettaglio, esattamente come tutti gli appassionati lo hanno sempre conosciuto, usandolo come punto di partenza per raccontare una storia estremamente complessa e unica, che ha finito per fare un sacco di auto-ironia sul mondo stesso di Barbie e su chi la commercializza e ha fornito tantissimi spunti di riflessione.
Uno fra i più importanti è sicuramente questo: Barbie è un’ icona femminista o uno stereotipo irraggiungibile?

Per capire meglio questo aspetto, dobbiamo fare un salto indietro nel tempo e spiegare chi è Barbie, come è nata e com’è diventata l’icona pop che tutti noi conosciamo.

Una bambola adulta

Il prologo cita in maniera fedele “2001: Odissea nello Spazio”, servendosi della medesima scena introduttiva per aiutare il pubblico a capire com’è nata Barbie e a cosa deve il suo successo.
L’origine del gioco delle bambole si perde nella notte dei tempi, tanto è vero che sono stati ritrovati reperti di bambole risalenti addirittura all’epoca dell’Antico Egitto o dell’Antica Grecia. Il suo scopo è abbastanza deducibile, ovvero abituare le bambine con questo tipo di giocattolo a diventare delle future perfette madri, attraverso una serie di gesti e operazioni che servivano a imparare a prendersi cura degli altri, partendo dalle pratiche più banali quali vestire la bambola o pettinarla, tenerla con riguardo in modo che non si rompesse, eccetera.
Contritamente a quanto saremmo portati a credere, in realtà le bambole non hanno sempre avuto l’aspetto di neonati, tanto è vero che esistono svariati modelli di bambole che hanno fattezze adulte, o comunque fanciullesche. E’ stato infatti solamente nel 1845 che viene realizzata la prima bambola bebè e proprio grazie ad essa il concetto di gioco con le bambole raggiunge la sua espressione più radicale, ovvero fornire un tipo di svago/intrattenimento che educhi e prepari le bambine al loro compito principale nella vita, ovvero accudire i propri figli.
Questo almeno finché nel 1959 Ruth Handler  non realizza una bambola per la figlia Barbara che ha un nuovo aspetto, ovvero quello di una giovane donna, caratterizzata da un fisico e una bellezza accattivanti e tanti bei vestiti da indossare. Barbie quindi non è la replica di un ipotetico figlio di cui occuparsi, ma un personaggio da rendere protagonista delle proprie avventure fantasiose, grazie anche all’ausilio di tanti, tantissimi accessori. E dunque la rivoluzione ha inizio.

Se puoi sognarlo, puoi farlo
Barbie era una bambola decisamente iconica e unica nel suo genere sin dal principio. Era una donna giovane, bella, promettente, che poteva essere e avere tutto ciò che voleva. Lo hanno sempre dimostrato le innumerevoli versioni di lei messe in commercio dal suo lancio. Esiste una Barbie per tutte le professioni e se non dovesse bastare, ci sono anche principesse, fate, sirene, streghe e via dicendo.
Barbie ha una sua casa, una sua auto, una moto, un camper, una roulotte, una bici, vari tipi di negozi, eccetera. Può essere e fare tutto, perché non ci sono limiti a quello che la fantasia può creare. E’ una e mille allo stesso tempo.
E questa narrativa è stata sempre portata avanti non solo attraverso i giocattoli, ma anche con le riviste. A partire dagli anni Novanta infatti è nato anche un mensile dedicato a Barbie, che raccontava le sue storie con lei come protagonista. Nei racconti Barbie è la maggiore di quattro sorelle, tutte femmine e di età differenti. Dato che non ci sono né figure maschili né genitoriali in questa famiglia, è lei, come sorella più grande, a doversi occupare di tutto e com’è facile immaginare, non senza alcune difficoltà. Introduce insomma un’idea di famiglia assolutamente unica nel suo genere e decisamente avanguardistica per i suoi tempi, dove vige una sorta di matriarcato e dove Ken è soltanto l’amico di Barbie, ma non ha alcun altro ruolo attivo nella famiglia, dato che appunto non ne fa parte. Benché molte volte è sembrato che forse i due fossero qualcosa di più e che per ogni Barbie sposa esiste uno Ken sposo, così come per ogni Barbie principessa esiste un Ken principe, in realtà Barbie è sempre stata una giovane single, completamente libera e indipendente da qualunque vincolo sia sentimentale che “legale”.
E’ su questa base che viene realizzato il mondo di Barbieland nel film, che ricalca appieno il mondo di Barbie che Mattel ha raccontato al suo “pubblico” sia con la messa in commercio delle varie bambole che attraverso i suoi fotoromanzi.
Quella che vive la Barbie protagonista è una vita totalmente idealizzata e copia fedele dei giochi di tutte le bambine del mondo, che ovviamente non risentono dell’influenza negativa della società, anzi addirittura la ignorano. A Barbieland tutto è perfetto e non accadono mai eventi spiacevoli, perché tutto è permeato dall’atmosfera innocente dell’infanzia.
Ecco perché gli improvvisi pensieri negativi che si insinuano nella testa della protagonista diventano un campanello d’allarme.

Uno stereotipo irraggiungibile
Quando Barbie lascia Barbieland per andare nel mondo reale, scopre che la realtà al di là del mondo di fantasia è totalmente differente da come se l’era immaginata e questo shock per quanto possa sembrare banale, è un passaggio comune che tutte le bambine attraversano nella fase della crescita. Esiste un momento in cui tutte le bambine smettono di giocare con le proprie Barbie perché si sentono troppo grandi per poterlo fare o al contrario, sono spinte da qualcun altro a smettere. Lo spiega molto bene quella scena in cui una ragazzina che poi scopriremo essere Sasha, la figlia della vera proprietaria della nostra Barbie, mette tutti i suoi giocattoli, bambole comprese, in uno scatolone di cui liberarsi, perché ormai si sente grande e compiere questo gesto drastico segnerà definitivamente l’uscita dall’infanzia e l’ingresso nella pre-adolescenza, un passaggio sempre molto delicato, che non sempre è davvero fatto con coscienza. A volte sono le circostanze a imporlo, l’urgenza di voler crescere, il desiderio di essere accettati dagli altri, lo sottolinea il fatto che nella scena vediamo la madre cercare di fermare la figlia, come a volerle dire che non è il caso di essere così precipitosi, ma lei decide di non tornare sui suoi passi e da lì in poi comincerà a comportarsi come un’adolescente qualunque che odia le Barbie e tutto ciò che la riguarda, ecco perché si ritrova a riversare verso la nostra protagonista quel fiume di accuse taglienti.
Che cosa è successo a Sasha? Semplicemente è cresciuta e crescendo ha scoperto che la vita non è affatto come la immaginava da piccola, che Barbieland è solo pura utopia e che anche Barbie come personaggio, è un concentrato di menzogne, perché nel nostro mondo non è affatto vero che una donna può essere e diventare ciò che vuole e come spesso accade quando si è così giovani, ha reagito al dolore rivestendolo di rabbia e arroganza.
Nonostante questo, non la possiamo certo biasimare per quello che dice e che fa, anzitutto perché, come detto, è una sorta di rito di passaggio, quindi quasi certamente ogni ragazza o giovane donna si rivede in lei e nei suoi modi di fare, ma in secondo luogo perché effettivamente il personaggio di Barbie è stato vittima di una sorta di dicotomia che l’ha portata a diventare una contradizione di se stessa. Se da un lato infatti vorrebbe mostrarsi come una giovane donna emancipata, libera di fare tutto quello che vuole, dall’altro lato è diventata anche lo stereotipo di un tipo di bellezza e di stile di vita irraggiungibili. Barbie infatti non è semplicemente una donna, ma è una bella donna, il cui aspetto fisico ricalca perfettamente i canoni  in voga nell’epoca in cui viene commercializzata, che anche se cambiano di volta in volta, aggiornandosi, restano comunque molto ben delineati e strettamente codificati. Inoltre, per poter vivere e fare tutto quello che vuole, immaginiamo che debba essere ricca, quindi ha anche uno status sociale ben definito, che non può dunque rappresentare tutte le donne del mondo, dato che nella nostra società fortemente capitalista, una donna per essere libera deve essere anzitutto benestante, altrimenti molti privilegi non le sono concessi per il semplice fatto che non può permetterselo a causa della disparità salariale. Lo sappiamo tutti che una donna non guadagnerà mai come un uomo, è inutile girarci intorno, ecco perché Barbie come tale può esistere e funzionare soltanto a Barbieland, nel mondo della fantasia dei bambini, ma non nella realtà.

Una questione di immagine
Come accennato in precedenza, la figura di Barbie non è rimasta sempre identica negli anni e Mattel ha sempre cercato di continuare a proporre una versione di questa bambola che fosse sempre al passo coi tempi. Ecco perché le Barbie degli anni Sessanta non assomigliano affatto a quelle degli anni Settanta e così via, ma è solo verso gli anni Duemila che gli orizzonti si allargano ulteriormente e compare ad esempio Nikki, una Barbie di colore che dunque fornisce un’alternativa a quella bianca e bionda, unica esistente fino a quel momento a parte Teresa e Marina che erano more, ma comunque di razza bianca. Poi compare anche la linea delle Barbie Curvy, perché effettivamente forse Mattel si è resa conto che non era una bella idea continuare a commercializzare una bambola sempre e solo magra, come a voler far intendere che quello fosse l’unico modo per essere socialmente accettabili.
Resta però il problema dell’immagine, perché nessuno può negare che bionda o mora, magra o curvy, Barbie sia comunque una bella donna e soprattutto continua a mantenere invariato lo status sociale con cui appare. Non è mai stata messa in vendita infatti una Barbie brutta o una Barbie disoccupata, quasi certamente perché questo realismo non venderebbe mai e, così come viene fatto capire anche nel film con quella rappresentazione parodica dei vertici della Mattel, sappiamo che la cosa più importante di un prodotto che ormai è entrato a far parte totalmente della cultura pop, sono le vendite.
Non è un caso a pensarci se la Barbie Stramba non vive a Barbieland assieme a tutte le altre, ma è confinata in una casa isolata da tutto il resto assieme alle bambole “fuori produzione”. Questa bambola infatti, a causa del trattamento che ha subito per mano della sua proprietaria, ha perso tutti i requisiti estetici per poter stare con le altre ed è sempre per via di questo che le altre ne parlano come se fosse una sorta di creatura inquietante. A Barbieland insomma, le imperfezioni non sono ammesse.

Perché è offensivo dire “Sei una Barbie”?
E’ proprio a causa di questi contrasti che si è sviluppato un pensiero pressoché estremista sul tema, che ha cominciato ad alimentare una narrativa che si discosta totalmente dagli intenti iniziali di Barbie, ovvero appunto incoraggiare le bambine a sognare di poter essere tutto ciò che vogliono.
Barbie non solo è diventata un’icona pop e l’immagine di uno stereotipo o uno stile di vita irraggiungibili, ma ha anche cominciato a diventare un simbolo usato per definire un determinato tipo di donna. Quando si dice a qualcuno che “è una Barbie” non lo si intende mai come un complimento, anzi al contrario, è una definizione offensiva, perché si vuole intendere che la persona a cui ci riferisce è vista come una donna-giocattolo, magari frivola e superficiale, poco consapevole di sé, che si lascia trattare male dagli uomini che la “usano” per divertirsi, dunque di contro una donna che afferma di non essere una Barbie, sta dichiarando di non accettare di venire trattata come tale.
Parallelamente allo sviluppo della narrativa donna-Barbie = donna-oggetto è nato anche il movimento di condanna del colore rosa, che nell’universo di Barbie è di fatto quello predominante, questo perché alcune correnti di pensiero lo accusano di essere colore “divisionista”, quello che per antonomasia viene usato per indicare il genere femminile, di conseguenza se da un lato si è sviluppato il pensiero che un uomo non può servirsene perché non è il suo colore identificativo, parallelamente una donna che lo usa o lo apprezza può essere vista come superficiale, frivola o nei casi peggiori, vittima del sistema maschilista, dunque se io sono una vera donna e sono fiera di esserlo, non uso il rosa come esemplare atto con condanna di questo sistema.

Qual è la verità?
A voler ben vedere, entrambe le visioni di Barbie e del suo mondo sono contemporaneamente giuste e sbagliate e probabilmente non esiste un unico modo per interpretare questa realtà. La chiave per capire il perché di questo paradosso è nel discorso che fa Gloria, la madre di Sasha, quando spiega per quale motivo essere una donna nel mondo reale è estremamente difficile. Nel suo monologo elenca una serie di esempi che dimostrano come i canoni siano sempre contradditori, perché alla fine qualsiasi cosa una donna dica o faccia, viene sempre mal interpretata e alla fine ci si esaurisce. Se ti prendi cura di te, ti criticano dicendoti che sei superficiale, se non lo fai ti criticano perché sei sciatta. Se ti vesti in maniera troppo pudica non va bene perché non ti dovresti vergognare di mostrarti, ma se ti scopri troppo ti danno della donna facile. Se dici di voler dimagrire sei esagerata e fissata con la dieta, ma se non lo fai non ti ami abbastanza. Se sei una sportiva sei un po’ troppo ossessiva, se sei sedentaria, sei pigra. Se dici che ti piace il rosa, sei una persona superficiale, se dici di odiarlo sei un maschiaccio. Se sei ambiziosa e vuoi fare carriera, ti stai montando la testa, se sei umile ti stai accontentando. Se vuoi sposarti e avere figli, sei schiava del patriarcato, se vuoi rimanere single e di figli non ne vuoi avere, sei una donna snaturata. Eccetera. (Gloria non dice esattamente queste parole, ma la sostanza è questa)
Dunque sì, essere donna nel mondo reale è difficile, essere una Barbie probabilmente ancora di più. La verità è che qualunque cosa tu faccia, ci sarà sempre qualcuno che ti criticherà perché rientrare al 100% nelle grazie di questo mondo è umanamente impossibile, quindi forse fra essere Barbie ed essere donne qualunque, dovremmo scegliere una via di mezzo che si adatti alle nostre inclinazioni personali. Possiamo essere donne qualunque ma non dimenticare mai di aggiungere un tocco di rosa, perché in fondo ogni tanto ce lo meritiamo.

Credits: si ringrazia il canale YouTube “Vivi Everyday” per il video speciale sulla storia delle bambole da cui ho estrapolato alcune informazioni sull’origine del gioco.

Barbieultima modifica: 2023-08-07T10:55:55+02:00da gem-y
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